Lui e Lei - In Ufficio

L'orologio avanza lentamente verso le 18 di un caldo martedì di Agosto mentre lui batteva rapido sulla tastiera. Il rumore rimbombava nell'ufficio ormai quasi vuoto, quasi tutti i colleghi erano già in vacanza, ma la richiesta improvvisa di un cliente molto importante lo obbligava a rimanere in ufficio a terminare il report. 

Improvviso il suono del campanello lo distolse dal lavoro, pochi minuti dopo vide spuntare dalla porta la testa della segretaria che gli annunciava un visitatore. Stupito si alzò dalla scrivania si alzò cercando di sistemarsi la camicia, alzò quindi gli occhi e la vide. Uno stretto paio di jeans infilati in due sneaker bianche e rosse entrarono nel suo campo visivo, sorrise mentre con gli occhi attraversava la corta maglietta scura di un noto gruppo rock e si soffermava sul dolce viso di lei. Un viso a goccia, una piccola bocca rosa scuro e due profondi occhi scuri evidenziati da un trucco leggero. Il suo cuore perse un battito. 

Notò il suo stupore quando entrò le sue ufficio, e rimase per un istante a godersi il suo sguardo che le accarezzava il corpo. Attese di sentire la segretaria chiudere la porta prima di correre verso di lui e gettargli le braccia al collo, lo baciò prima di rivolgergli la parola:

"Non arrivavi più e ho deciso di venire a rapirti" 

Gli disse con un sorriso birichino, "quindi ora spegni tutto e vieni con me" lo prese per mano e fece per trascinarlo verso la porta, ma lui non si mosse. 

"Peste mi dispiace, ma prima di uscire devo assolutamente finire questo report se hai un po' di pazienza non ci dovrebbe volere più di mezz'ora" 

Attese qualche minuto e la vide sedersi sbuffando sulla scrivania accanto al suo laptop. Si sedette quindi nuovamente alla scrivania e provò a concentrarsi sul lavoro, ma non era facile con le sue gambe a pochi centimetri e il suo seno quasi all'altezza del volto.

18:10, erano passati poco più di 5 minuti da quando si era seduta, tuttavia le sembrava fosse passato un secolo. Lui non le dava retta e continuava a scrivere quello stupido report. Si guardò intorno alla ricerca di un metodo per distrarlo e farlo finalmente uscire da li. Lo sguardo le cadde quindi sulla bottiglietta dell'acqua che teneva sulla scrivania, era piena quasi per metà e si trovava tra a portata di mano, allungò quindi la mano...

Con un imprecazione si alzò dalla scrivania, la fronte gocciolante e la camicia decisamente bagnata. Una leggera risata attirò la sua voce, lei era ancora seduta alla scrivania, una mano di fronte alla bocca e una risata tra le labbra. Sente la rabbia montare mentre a fatica soffoca l'urlo che sente crescergli in petto. 

Sta ancora ridendo quando si sente afferrare per il polso e trascinarla verso di lui, in pochi istanti si ritrova a fissare il grigio pavimento di linoleum dell'ufficio, un braccio bloccato dietro la schiena e l'altro proteso in avanti per non battere la fronte sul pavimento. Inizia a dimenarsi cercando di fuggire da quella pericolosa punizione, non era sua intenzione e inoltre non sapeva quante persone erano attualmente in ufficio.
Le note dei Queen le fecero implicitamente capire che non era stata l'unica ad avere simili pensieri, si lasciò quindi trasportare dalle note di Bohemian Rhapsody e quasi non si accorse delle dita di lui che s'insinuavano tra i loro corpi, e dei fidati jeans che fin troppo velocemente stavano scendendo verso il basso. 
Non riuscì a reprimere un brivido quando l'aria condizionata le accarezzò la nuda pelle, dalla sua posizione non poteva naturalmente vedere lui, ma aveva invece una visuale della base della porta in vetro smerigliato dell'ufficio, la consapevolezza che in qualunque momento qualcuno potesse entrare e intravvederla da dietro la scura scrivania di Lui le provocò una strana sensazione. 

Calati jeans e mutandine, un paio bianco che solitamente lo faceva impazzire, si trovò di fronte quella parte di lei che gli procurava sempre una sensazione molto precisa. Erano alcuni giorni che non si occupava di lei e la bianca pelle era interrotta solamente da un lieve segno del costume. Ricordo di un week end al mare e di alcuni giorni passati a prendere il sole nel parco vicino casa. La sentì fremere mentre iniziava ad accarezzarla cercando il modo migliore di colpirla. Sapeva che la musica non avrebbe coperto i colpi più forti e non era sicuro di essere rimasto l'ultimo. Represse quindi la tentazione di prenderla li sulla scrivania e iniziò a colpirla con colpi rapidi e decisi, la mano rigida tenuta a breve distanza dal corpo di lei e il polso incaricato di fare il grosso del lavoro. Sapeva che in questo modo sia il dolore che il rumore sarebbero stati lievi. 

Ad ogni colpo veniva leggermente proiettata in avanti e lievi scariche elettriche le attraversavano il corpo. Poteva quasi immaginarsi la segretaria dell'agenzia allungare il collo dalla sua scrivania e domandarsi cosa fosse quel rumore. Poteva quasi vederla mentre saliva le scale dirigendosi verso la porta. Fece un notevole sforzo per non emettere neppure un suono, mentre lui sembrava quasi colpirla al ritmo di "Under Pressure". 
L'insieme di dolore, piacere e timore di essere scoperti le attraversava il corpo in ondate concentriche, mentre la struggente voce di Freddy Mercury la stordiva. 

Quando il bruciore raggiunse livelli quasi insopportabili sentì le sue braccia che la tiravano su, il braccio di lui le indicò l'angolo dell'ufficio esattamente dietro la porta. A piccoli passi si posizionò con la fronte quasi appoggiata al muro e le mani ubbidientemente appoggiate sulla nuca ad attendere che lui finisse il report.

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