Non luoghi - Conclusione

I corvi volavano sulla città ancora addormentata annunciando l’arrivo della prima nebbia della stagione. Avvolto in un cappotto un uomo accompagnava sbuffando un cane che, incurante del freddo e dell’aria densa d’umidità, inseguiva festoso le foglie portate dal vento riempiendo il parco di gioiosi latrati.

Erano due anni che le sue finestre davano sul parco e sulla vicina area cani, ormai si era quasi abituato a quell’abbaiare costante accompagnato spesso da imprecazioni tra l’arabo, l’italiano e il dialetto milanese. Quel giorno però c’era qualcosa di diverso, già ai primi rumori aprì gli occhi domandandosi, nel buio, che cosa fosse.

La prima cosa che sentì fu il suo profumo, scivolò languido sino ai polmoni dando un nome ed un volto al peso sul suo petto. I ricordi della notte appena trascorsa spiegarono i loro corpi nudi e il sapore di lei ancora intrappolato sul fondo della gola. Sentì il suo corpo reagire quasi in automatico e le sue mani trovare le sue spalle nel buio, erano morbide e rilassate e il suo respiro tradiva un sonno ancora profondo.
Sistemò quindi meglio la schiena così da riuscire ad intravedere il suo viso: la luce nascente l’accedeva di un latteo pallore che gli ricordava un’innocente bambina. Quasi senza rendersene conto iniziò a cullarla trattenendosi dal posarle un dolce bacio sulla fronte. 

Quando riaprì gli occhi la sveglia proiettava sul muro le 10:05, lei era esattamente dove l’aveva lasciata, abbracciata stretta a lui quasi fosse un piccolo koala aggrappato al genitore. Il suo respiro era però cambiato e la sua reazione quando le accarezzò i capelli gli confermò che era ormai quasi sveglia.

Il calore delle sue labbra sulla fronte la chiamò indietro dal sonno, senza aprire gli occhi spostò indietro la testa reclamando un bacio che puntualmente arrivò mentre le braccia di lui la sistemavano meglio sul suo petto. 

“Buongiorno bimba, dormito bene?”

Invece di rispondergli decise che la cosa migliore era continuare a baciarlo, godendosi il suo abbraccio e le sue mani che si facevano sempre più curiose man mano che gli ultimi scampoli di sonno scivolavano via. Gli morse il labbro quando lui arrivò all’altezza dei reni e non mollò la presa sino al quarto sculaccione.

“Oggi mi sono svegliata monella, io ti avverto”

Le dita di lui affondarono nel suo gluteo strappandole un gemito di protesta

“Promettimi che ti sveglierai così tutte le mattine…”

In pochi instanti sentì il suo braccio bloccarla contro di lui e l’altra mano iniziare a colpirla lentamente, i colpi arrivavano dal basso senza curarsi di non colpirle il sesso completamente esposto. La lingua le frugava vorace la bocca e sentiva i suoi capezzoli indurirsi e sfregare contro i peli del suo petto. Le sue mani implacabili la costringevano ad aprire sempre di più le gambe, offrendo il sesso a quella crudele punizione che le procurava rapide scariche lungo la schiena. 

Percepiva chiaramente il sesso umido scorrere sul suo ventre e l’eccitazione di lui a pochi millimetri da esso, affondò le unghie nel lenzuolo cercando di trattenersi, ringraziando il buio che nascondeva l’evidente rossore sul suo viso. I loro corpi ballavano ormai un sensuale tango al ritmo delle sculacciate che sembravano non avere mai fine.

Improvvisamente sul volto di lui percepì una luce strana, mentre i musconi sotto di lei si facevano tesi e le loro labbra si staccavano. Trattenne anch’essa il respiro e il mondo si capovolse, un attimo prima era su di lui e un attimo dopo era stesa sulla schiena, le gambe oscenamente spalancate e il corpo di lui che la bloccava contro il materasso.
Non aveva scampo, i suoi fianchi le impedivano di chiudere le gambe e al primo tentativo di coprirsi il seno si trovò con le braccia bloccate sopra la testa.

Nel buio le loro labbra s’incontrarono nuovamente e, mentre si abbandonava tra le sue braccia, lo sentì scivolare dentro di lei.

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