Lui e Lei - Un pomeriggio fuori casa

Godendo l’una del tempore dell’altro, attraversavano sorridenti quella particolare stagione in cui l'aria non era così fredda da giustificare un cappotto, ma lo era abbastanza da rendere piacevole il passeggiare abbracciati. Attorno a lori I primi scampoli d'autunno decoravano gli alberi di piccole gemme ambrate, mentre sotto di loro bambini e amanti si godevano le ultime giornate prima del lungo inverno.

Con il volto appoggiato alla spalla di lui si lasciava condurre lungo i sentieri del parco senza curarsi della direzione, il profumo di lui si mescolava a quello degli alberi e delle terra umida, provocandole un piacevole calore sul fondo dello stomaco. Nella sua testa si trovò quindi ad immaginare come poteva essere se fossero stati soli, liberi di stendersi sotto una delle tante quercie e abbandonarsi a se stessi.Presa nei suoi pensieri non si accorse del piccolo gradino di fronte a lei. Fu questione di un istante un attimo prima camminavano l’uno accanto all’altra, un attimo dopo si trovò tra le sue braccia con una caviglia dolorante.

“piccola devi stare più attenta, se non ti avessi presa al volo saresti finita con la faccia a terra”

Alzò gli occhi verso di lui, il piede ancora sollevato dietro di se e le braccia appoggiate sul suo petto. La sua espressione però le bloccò sul nascere in bacio che già sentiva fiorire sulle labbra. Il cervello si mise alla ricerca di una spiegazione, e un brivido freddo le attraversò la spina dorsale quando si rese conto del perché:
Appena messo il piede in fallo una bestemmia le era sfuggita dai denti, era stata appena sussurrata, ma nel silenzio del parco lui l’aveva udita chiaramente. Sentì gli occhi che le si riempivano di lacrime, era una bella giornata e non voleva essere trascinata a casa, anche se all’idea delle mani di lui che le accarezzavano il corpo nudo dentro di lei sentì alcuni muscoli contrarsi.

“no ti prego…non voglio andare a casa…non l’ho fatto apposta”

Involontariamente trattenne il respiro, quasi si stesse preparando a tuffarsi in quel profondo oceano verde-azzurro che lo stava fissando, le loro labbra erano a pochi centimetri e attraverso il sottile tessuto sentiva i suoi capezzoli contro il petto. Vide chiaramente il leggero sorriso che le si dipinse sul volto quando capì l’effetto che gli stava facendo. Le posò quindi un leggero bacio sulle labbra e, tenendole un braccio dietro la schiena, le fece proseguire il sentiero.

Con gli occhi bassi lasciò che lui la conducesse verso casa, maledicendosi mentalmente non osava insistere per non peggiorare la sua situazione.

Arrabbiata con se stessa non badò a dove stavano andando e fu con sopresa che lo vide fermarsi e sedere su una panchina accanto a loro. Rimase un istante di fronte a lui, il vento che le scompigliava le pieghe della gonna e un espressione perplessa sul viso, che intenzioni aveva?

Era adorabile, i capelli che le ricadevano scompigliati sulle spalle e l’ombra frastagliata degli alberi che disegnavano linee irregolari sul suo corpo la facevano assomigliare ad una creatura della foresta. La pelle scurita dal sole metteva in risalto la spruzzata di lentigini che le decorava il viso e la combinazione di magliettina bianca e gonna a pieghe rosso scuro dava la sensazione di trovarsi di fronte ad un’adolescente appena uscita da scuola. Dentro di lui sentiva crescere l’eccitazione e dovette iniziare a ripetersi mentalmente la tabellina dell’otto per non saltarle addosso.

Incrociò il suo sguardo e vi lesse il piacere per quello che stava guardando, accennando un sorriso lasciò che la guardase con calma, godendosi il suo sguardo che l’accarezzava silenzioso. Ubbidiente le si sedette accanto quando lui tese la mano verso di lei. Voleva appoggiarsi a lui, ma un improvviso irrigidimento la bloccò:

“Fermati piccola, prima delle coccole dobbiamo discutere del tuo linguaggio, puoi scegliere: o andiamo subito a casa oppure tu ora buona buona ti distendi sulle mie ginoccha..e accetti in silenzio la tua punizione”

Si sentì avvampare a quelle parole, mentre con gli occhi spalancati si guardava attorno. Si rese conto solo in quel momento che non si trovavano in un punto casuale: il sentiero defilato che avevano seguito li aveva portati in una piccola radura interamente circondata da piante e cespugli molto voluminosi, dietro di loro uno dei tanti torrentelli scorreva rumorosamente invadendo l’aria con il suo gorgolio e chiunque si fosse avvicinato dal sentiero sarebbe stato visto molto prima che se ne accorgesse.

Incrociò nuovamente il suo sguardo e vi lesse malizia e curiosità, non era sicuro della sua scelta e stava trattenendo il respiro. Non gli fu difficile capire quale delle due avrebbe preferito.

“Però se mi comporto bene poi andiamo a comprare il gelato”

Con studiata lentezza la vide distendersi sulle sue ginocchia badando bene ad appoggiare lo stomaco sulle sue ginocchia e a sfiorargli le gambe con il piccolo seno. Delicatamente la sistemò meglio sulle ginocchia e le spostò i capelli in modo che le ricadessero morbidi sulla schiena, con il dito indice mise in una posizione più stabile gli occhiali e solo allora le posò una mano sulla schiena.

Trattenne il respiro quando sentì le sue mani su di lei, voleva chiudere gli occhi e abbandonarsi alle sesazioni delle sue mani sul suo corpo, ma il timore d’essere scoperti era grande e non riusciva a distogliere gli occhi dal sentiero. Le sue mani risalirono lentamente lungo le cosce nude infilandosi sotto la gonna in cotone, ad ogni centimetro una ragnatela di brivi le risaliva lungo la spina dorsale facendole venire la pelle d’oca. Conosceva molto bene quel gioco e si prese molto tempo per percorrere la curva delle sue natiche sino all’elastico delle sottili mutandine bianche che indossava.
Si morse il labbro mentre le sentì scendere verso il basso e mentre i muscoli le dolevano nel tentativo di non muoversi per agevolarne la scoparsa. Era convinta che si sarebbe limitato ad abbassarle ed invece gliele tolse completamente, non gli fu difficile immaginare che fossero scomparse in una delle sue tasche.

I primi colpi la colsero alla sprovvista, nulla più di leggere carezze che però le strapparono un piccolo singhiozzo di sorpesa. Dopo la prima decina di colpi capì che non sarebbe stata una sculacciata disciplinare, le carezze e i colpi si alternavano in una sequenza apparentemente casuale e più di una volta i colpi cadevano vicino all’attaccatura delle cosce o le carezze si spingevano tra le natiche che piano piano andavano arrossandosi.
Incurante della situazione si scoprì a chiudere gli occhi e assecondare i suoi colpi spingendo in alto il bacino e aprendo leggermente le cosce per consentirgli di colpire più in profondità.
Con le labbra ben serrate si sforzava di trattenere i gemiti, tra un colpo e l’altro poteva sentire i rumori dei passanti e dei mille uccelli che popolavano gli alberi. Con la mente si trovò ad immaginare d’essere spiati da un bambino più curioso degli altri che, incurante di tutto, si era nascosto su uno degli alberi vicini per godersi la scena.

L’eccitazione era ormai al culmine quando arrivò l’ultimo colpo e lui le sussurrò un dolce “alzati”.

Uno sguardo le intimò di non chiedere indietro le mutandine e abbracciata a lui s’incamminò lungo il sentiero.

“Che ne dici se andassimo a mangiarci una pizza”

Le guance le divennero del medesimo colore della pelle sotto la gonna…sarebbe stata una lunga serata.

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