Una gattina svogliata

Era stata una giornata terribile, trascorsa tra il caos di richieste impossibili e l’insopportabile inedia di chi è costretto ad aspettare il lavoro di qualcun altro. Con irritazione palpabile percorse il centinaio di metri che separavano la metropolitana dalla porta di casa, smanioso di liberarsi di giacca e jeans e poter finalmente mettere a riposo il cervello ormai pulsante.

Appena entrato in casa l’accolse il rumore della tivù accesa, ma nessun cenno di saluto. Gli bastò percorrere qualche passo per scoprirla addormentata sul divano, accanto a lei un pacchetto di patatine ormai vuoto e i piatti ormai incrostati del pranzo di quel giorno. Un rapido sguardo attorno alla stanza gli confermò che nessuno aveva riordinato, i piatti della sera prima erano ancora in attesa nel lavello e i pani si erano ormai asciugati dentro la lavatrice.

Un colpo di tosse irritato la strappò bruscamente dal sonno, sobbalzando si rese conto d’essere nei guai. Lui la fissava a braccia conserte e lei si maledì mentalmente per non essersi messa una sveglia che le impedisse di trovarsi in quella situazione.
Balbettando cercò di giustificarsi dando la colpa alla notte trascorsa insonne e al ciclo in arrivo, accusandolo di portare con se fame e stanchezza irresistibili. Non riscuotendo però alcuna reazione indulgente si alzò e si avvicinò per baciarlo, era a pochi millimetri dalle sue labbra quando si sentì afferrare per il collo, mentre i suoi occhi scuri le scrutarono dentro stordendola.

“Non credere di cavartela così, oggi non lavoravi e mi aspettavo che tu tenessi un comportamento da brava bambina…sai ora cosa ti aspetta … vero?”

Le labbra tentarono una flebile risposta, cercando di soffocare le sensazioni che il suo profumo le provocava. Quanto l’era mancato quel suo profumo e quel particolare tocco con cui solo lui sapeva accarezzarla.

“Ora io vado a fare una doccia, quando torno voglio trovarti pronta a ricevere quello che ti meriti”

Dette quelle poche parole le lasciò andare il collo e le voltò le spalle.

Aveva pochi minuti e non voleva finire ancora di più nei guai, rapida mise i piatti sporchi nel lavello e liberò il divano e il pavimento di tutto quello che non avrebbe dovuto essere li. Una volta fatto tutto ciò si liberò di maglietta e mutandine e dubbiosa aprì il contenitore cilindrico che pendeva dalla libreria, indecisa soppesò i diversi cane che conteneva, mentre il profumo del frustino in cuoio le punzecchiava il naso. Lo accarezzò con la punta delle dita immaginandolo mentre l’impugnava severo, pronto ad usarlo senza alcuna remora, era liscio e stranamente caldo come se pregustando quello che sarebbe successo si stesse risvegliando per essere pronto all’uso.
Persa nelle sue fantasie non si accorse della porta del bagno che si apriva e dei suoi passi dietro di lei, sobbalzò quando la mano di lui si strinse attorno al frustino subito sotto la sua…

“Ancora una volta mi hai disubbidito, dovresti essere già stesa sul divano…non certo qui a studiare gli strumenti che userò su di te…”

Senti le sue dita penetrare rapide tra i tuo capelli afferrandone il più possibile, si muovono lentamente e tu riesci a percepire ogni singolo millimetro che percorrono. Sai quello che sta per succedere e non ti stupisci quando senti i tuoi capelli tendersi dolorosamente mentre lui ti costringe ad inginocchiarti ai suoi piedi. Il pavimento è piacevolmente fresco, ma lui non ti concede molto tempo per goderne, le tue mani hanno fatto appena in tempo a poggiarvisi che già ti sta tirando verso il divano. Dalle labbra ti sfugge un gemito mentre gattonando stai cercando d’allentare la tensione che ti scatena dolorose fitte su tutta la nuca.

Senza una parola la costringi a raggiungere il divano e poggiare il seno sul sedile, le lasci i capelli e ti prendi qualche istante per guardare il suo corpo nudo e in tensione, in quella posizione il suo fondoschiena è completamente esposto e visibile è passato quasi un anno, ma è ancora una striscia più chiara attraversa il muscolo ben tornito sino a perdersi tra le cosce. Prendi un unico respiro e inizi a colpire quell’invitante superficie bianca.

Il dolore arriva improvviso lasciandola senza fiato, non era mai stata punita con questa brutalità, i colpi arrivavano forti e rapidi mozzandole il respiro e strappandole strozzati gemiti. Non passa troppo tempo prima che lei perda il conto dei colpi e affondi il visto e le unghie nel divano. Non vuole implorare pietà, sa che sarebbe inutile e non vuole cedere.
Dopo alcuni minuti il dolore è però insopportabile, lunghi tentacoli dolorosi le corrono lungo la schiena e le incendiano il ventre stordendola sempre di più, mentre i muscoli si arrendono uno per uno a quelle sensazioni.

Improvviso così com’è venuto il frustino scompare, lei rimane immobile mentre lo sente sedersi accanto a lei, vorrebbe tanto arrampicarsi sulle sue ginocchia e nascondere il viso sul suo petto, lasciarsi cullare dal battito del suo cuore e perdersi nel suo profumo.

La sua punizione non è però finita, le orecchie catturano il rumore di una zip che si abbassa e immediatamente capisce quello che deve fare: tenendo gli occhi bassi si sposta tra le sue gambe, prende un bel respiro e accoglie dentro la sua bocca il suo membro teso e turgido. Lentamente lo lascia scivolare fin sul fondo della gola e inizia a percorrerlo con le labbra lungo tutta la sua lunghezza. Va avanti a lungo, mentre il suo fondoschiena pulsa di dolore e le lacrime le hanno lasciato leggere tracce di sale sulle guance, il suo profumo le ha ormai invaso i polmoni e il desiderio le sporca le cosce colando fin quasi alle ginocchia.
Finalmente Lui le accarezza il viso facendole capire che la sua punizione è finita, alzando gli occhi verso di lui lo vede sorridere e stringere tra le dita un preservativo dorato. Sorridendo può finalmente arrampicarsi sulle sue ginocchia…

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