Tre paperelle

“3:50”

il display del cellulare illuminò per un istante la penombra del lungo bancone in legno che divideva la prosperosa barista dai tavoli ormai vuoti. Ancora 600 secondi e avrebbe potuto chiudere la pesante serranda metallica e con lei la peggior settimana dell’anno: la settimana della moda. Ogni anno migliaia di persone si riversavano in strada per tutta la notte e, sebbene i guadagni salissero considerevolmente, ormai non aveva più l’età per sopportare le decine e decine di ragazzine ubriache che incontrava ad ogni angolo. Mentalmente si annotò di lasciare che fossero i suoi dipendenti a gestire il pub l’anno successivo, col cavolo che gli concedeva di uscire prima ancora una volta.

3:55

Contando i secondi iniziò a sistemare il retro del bancone, riallineando le bottiglie e segnandosi quelle che avrebbe dovuto riordinare, aveva dato fondo alla sua scorta di birra e doveva assolutamente ordinarne una scorta prima della partita di mercoledì.
Persa nei suoi pensieri non sentì la porta aprirsi, ma non poté certo ignorare il grido sguaiato con cui la cliente attirò la sua attenzione:

“Eiii, allora che ci dai da bere, vecchia…su che abbiamo sete”

Voltandosi cercò di nascondere l’ira crescente per la richiesta decisamente maleducata, ma non riuscì a simulare del tutto lo stupore quando le vide: tre ragazzine di non più di 20 anni erano in piedi al centro del pub e ridevano con un tono che ricordava quello di centinaia di gessetti sulla lavagna. Minigonne inguinali e camicette top non più larghi di una cravatta non riuscivano comunque a coprire i loro corpi magri di chi aveva bisogno di passare più tempo a tavola e meno in palestra e i lunghi tacchi le facevano barcollare ricordandogli dei fenicotteri un po’ stupidi.

Vedendo che non reagiva la più ubriaca delle tre, una bionda con il viso pesantemente truccato e una borsetta decisamente troppo costosa si avvicinò al bancone quasi franandogli sopra.

“Ma ci senti, o allora…mi caghi o no vecchia…non sarà che ti si è scaricato l’amplifon?...voglio bere fino a star male”

Dovette affondare le unghie nel legno del vecchio bancone per non prendere subito a schiaffi quella ragazzina maleducata, come si permetteva di rivolgersi in quel modo a una donna che aveva 20 anni più di lei. Prendendo un respiro profondo decise però di affrontare la situazione con calma:

“Mi dispiace molto, ma stiamo chiudendo, se volete posso chiamarvi un taxi che vi riaccompagni a casa, è pericoloso girare da sole a quest’ora”

La fastidiosa risata riempì nuovamente il pub facendole istintivamente contrarre le sopracciglia.

“Hhahah, ragazze l’avete sentita la vecchia…non vuole darci da bere e vorrebbe pure mandarci a casa come delle bambine….cara io a differenza di te ho i soldi, a casa ci vado quando voglio”

Detto ciò scaraventò sul bancone le chiavi di una Mercedes e la carta di credito, istintivamente lei la prese notando che, a giudicare dal nome sulla carta, dovevano essere entrambe del padre. Con un sospiro aggirò il bancone e si avvicinò alle tre ragazze, che intanto si erano sedute ad uno dei tavoli.

“Sentite, potrei quasi essere vostra madre, vi siete divertite e avete passato una bella serata, ma ora per me è arrivata l’ora di chiudere e per voi quella di tornare a casa. Ci sarà sicuramente qualcuno che vi sta aspettando”

La più piccola delle tre ragazze, una morettina con dei capelli a caschetto e affascinanti occhi verdi sembrò riflettere un istante su quelle parole, ma prima che potesse prendere la parola la bionda la precedette.

“Allora proprio non capisci, brutta troia devi portarci da bere…subito..altrimenti faccio un casino…te lo distruggo questo cesso.”

Sentì la rabbia salire fino a raggiungere il punto di non ritorno, mentalmente cercò di calmarsi per non mettersi al loro livello, ma stava diventando sempre più difficile. Decise quindi di agire in maniera netta, voltando le spalle alle ragazze si diresse verso le vetrine e voltandosi verso di loro fece scorrere le serrande. Le tre impiegarono alcuni minuti a rendersi conto di quello che stava succedendo e quando la bionda si rese conto che di fatto erano chiuse dentro si alzò furente dal tavolo.

“Che intenzioni hai? Ti ho detto che vogliamo da bere…subito…subito…subito”

Detto ciò iniziò a battere i palmi sul tavolo scandendo la parola “subito” a tempo, le altre due la imitarono rapidamente e in pochi secondi il fracasso divenne decisamente poco sopportabile, temendo quindi che qualcuno chiamasse la polizia si parò nuovamente di fronte alla tre, posando una mano sulla spalla della più vicina.

“Mi dispiace, ma siamo chiusi…se ora volete gentilmente seguirmi alla porta di servizio.”

la reazione della bionda fu fulminea, con un urlo fece roteare la borsetta che aveva appoggiato a terra:

“Non ci toccare…pezzo di merda!”.  

Il mondo sembrò fermarsi mentre la borsa in pelle nera attraversava il locale e s’infrangeva fra le mensole di bottiglie originando una cascata di vetro e alcool che invase il retro del vecchio bancone. Quando l’ultima bottiglia s’infranse, disperdendo il Talisker invecchiato 35 anni che conteneva, ogni rumore cessò. Incredula la barista si voltò verso le tre ragazze ora mute e immobili e fu allora che riconobbe la bionda, abitava a non più di 15 minuti a piedi dal locale e la madre lavorava nel supermercato accanto al parco. Se ricordava bene si chiamava..

“Chiara…ecco chi sei…signorina sei nei guai fino al collo”

Sentendo il suo nome la ragazza sbiancò ancora di più, l’effetto dell’alcool svanì come per magia e ora esausta e sconvolta si lasciò cadere sulla sedia mentre le amiche si facevano piccole piccole sulle rispettive sedie.

“Bene, vedo che finalmente vi siete calmate, direi che ora è arrivato il momento di chiamare i vostri genitori, mi devono svariate migliaia di euro di danni”

Non aveva ancora finito di parlare che le tre ragazze scoppiarono in lacrime implorandola di non farlo, balbettando tra i singhiozzi rivelarono che nessuno di loro sapeva dove si trovassero e che non avevano il permesso di prendere la Mercedes. Ormai non c’era più traccia delle tre ragazze spavalde che avevano minacciato fuoco e fiamme, si erano dileguate lasciandosi dietro tre paperelle terrorizzate.

“Signorine, ormai è troppo tardi per disperarsi…dovevate pensarci prima. Chi preferite? I vostri genitori o la Polizia?”

Con gli occhi gonfi di pianto e il viso rigato di lacrime di mascara fu la terza ragazza a prendere la parola:

“La prego signora, ci dev’essere un modo per rimediare, se vuole possiamo venire qui e lavorare per lei tutti i giorni...lo faremo gratis..fino a che non avremo ripagato il danno…in fondo siamo brave ragazze”.

Una parte di lei fu stupita dalla proposta, era talmente furiosa con le tre che non aveva pensato a trarre a proprio vantaggio la situazione. Sicuramente aveva bisogno di una mano al locale e le tre ragazze, sebbene prive d’esprienza, avrebbero portato con loro una carica di energia che sarebbe tornata utile. Tuttavia non potevano certo cavarsela con così poco:

“Cosa dovrei farmene di preciso di tre ragazzine maleducate e senza esperienza, passerei più tempo a punirvi per i vostri pasticci che a servire i clienti…prima mi trattate da serva, poi m’insultate e distruggete il locale…e ora vorreste pure un lavoro? L’unica cosa che vi darei sono tutti gli sculaccioni che non vi ha mai dato nessuno nella vostra vita.”

Vide l’orrore dipingersi sui loro volti, le lacrime ormai avevano smesso di scendere e avevano lasciato dietro di loro intricati disegni scuri. A forza di mordersi le labbra Chiara si era ormai mangiata tutto il rossetto e la morettina aveva distrutto il fazzoletto che stringeva nel pugno, ancora una volta fu però l’ultima ragazza a prendere la parola:

“Ha ragione signora, meritiamo di essere punite per quello che abbiamo fatto…prima dovrebbe punirci e poi pensare al resto.”

Dopo aver detto quelle parole si alzò con aria rassegnata e, sciolti i lunghi capelli ramati, si fermò accanto alla barista osservandosi timorosa le punte dei piedi. Un leggero tremore le scuoteva spalle e chiunque l’avesse vista in quel momento non le avrebbe dato più di quattordici anni. Rimase li in attesa di una sua decisione, singhiozzando e tenendo le braccia attorno ai fianchi, la barista dovette trattenersi molto per non stringerla a se e consolarla.

“Forse è la prima cosa sensata che voi abbiate detto da quando avete messo piede qui, Chiara, Morettina andate a sedervi a quel tavolo laggiù…mani sopra la testa e non azzardatevi a proferire parola…tu invece togliti gonna e mutandine e vieni sulle mie ginocchia…dobbiamo fare un discorso”

Chiara aprì la bocca per protestare, ma la morettina la prese per il braccio e sussurrandole di stare zitta la trascinò verso il tavolo che gli era stato indicato. La rossa invece, senza smettere di singhiozzare lasciò cadere a terra gonna e mutandine e attese ubbidiente che lei si sedette.

Era molto che non sculacciava il sedere di una vent’enne e non potè trattenere un brivido quando la rossa le si sdraiò sulle ginocchia offrendole un culetto ben modellato e privo d’imperfezioni. Era di un bianco latte e solo qui e la si notava un accenno di lentigini. Lei si tirò lentamente su le maniche e dopo aver poggiato una mano sulla schiena della giovane iniziò a colpirla ottenendo quasi subito singhiozzi e scuse balbettate.
La colpiva con forza e precisione, anni e anni a sollevare casse di birra l’aveva dotata di forza e resistenza invidiabili e i calli sulle mani le consentivano di colpirla ripetutamente senza alcun fastidio. Colpiva e colpiva osservando il culetto della malcapitata diventare sempre più rosso. Smise soltanto quando sentì i lamenti cessare, esausta la ragazza si era completamente abbandonata sulle sue ginocchia e impiegò un paio di minuti a rendersi conto che le sculacciate erano cessate.

“Sei stata brava, ora alzati e mettiti con la faccia contro il muro, se solo ti volterai una singola volta la tua punizione riprenderà da capo”

La ragazza non provò neppure a indossare le mutandine, probabilmente sapeva che non sarebbe riuscita a sopportare il contatto con alcun che. Singhiozzando si posizionò contro il muro, il culetto di un bel rosso acceso e i lunghi capelli scompigliati.

“Morettina ora tocca a te, sai già cosa fare”

La seconda ragazza tremava visibilmente e impiegò un paio di minuti a sfilarsi il piccolo tanga e prendere posto sulle sue ginocchia: a differenza dell’amica era di carnagione olivastra e sul piccolo culetto era ancora leggermente visibile il segno dell’abbronzatura. Il suo culetto era così piccolo che con una sola sculacciata riusciva a colpire entrambe le natiche, già turbata dalla punizione precedente la barista dovette trattenersi non poco per non trascendere lo scopo della punizione.
la morettina faceva parecchia palestra e lei impiegò diversi minuti per far raggiungere a quel sedere una colorazione accettabile, la cosa però non piacque affatto alla sfortunata che, a differenza della prima, riempì il locale di singhiozzi e lamenti. Si agitò talmente tanto che il piccolo top le scivolò via e quando le fu permesso di rialzarsi donò alla barista una vista di un piccolo seno abbronzato che sembrava modellato da uno scultore rinascimentale.
Quando il suo culetto, ormai porpora, andò a prendere posto vicino a quello dell’amica la barista si girò verso Chiara:

“E’ il tuo turno signorina, ma non credere di cavartela con così poco, poggia subito il busto su quel tavolo e ti avverto, qualsiasi tentativo di proteggersi o scappare farà si che la punizione ricominci”

Obbligata a osservare le due punizioni precedenti Chiara aveva ormai esaurito le lacrime e il coraggio, traballando sui tacchi si avvicinò al tavolo e la barista dovette afferrarla al volo per impedirle di battere la testa sul bordo del tavolo. Sollevandola di peso la sdraiò a pancia sotto sul tavolo e le tolse brutalmente la gonna.

“Ma guarda, qualcuno si è dimenticata le mutandine…non ti vergogni di girare senza”

Non ottenendo risposta iniziò a colpirla con forza e fu solo dopo una buona decina di sculacciate che ottenne un timido “mi dispiace”. Chiara però era decisa a non cedere, non aveva intenzione di piangere e supplicare come le sue amiche e stringendo i denti cercò di resistere alla pioggia di colpi che le infuocava il fondo schiena. Purtroppo per lei era la sua prima sculacciata e non aveva fatto i conti ne con la resistenza della donna ne con le sue numerose possibilità, dopo un buon centinaio di colpi si era infatti resa conto che la ragazza voleva dimostrare la sua resistenza.  

“Qualcuna ha deciso di fare la dura è, vediamo quanto resisti a questa…”

Il tintinnio metallico fece voltare tutte e tre le ragazze, ma solo le prime due riuscirono a intuire la fonte del rumore. Dalle loro gole uscì un muto grido d’avvertimento, ma la loro amica non riuscì a voltarsi per tempo. Non fu però necessario, la spessa cinghia in cuoio le morse impalcabile entrambi i glutei lasciandosi dietro una striscia di rosso acceso. Voleva alzarsi, ma la barista le bloccava le reni con una mano, non aveva scampo e già al terzo colpo cedette, tutti i singhiozzi che aveva trattenuto fino a quel momento eruppero inarrestabili riecheggiando tra le parenti del vecchio pub. Nuove lacrime le attraversarono il viso e dopo meno di dieci colpi stava implorando clemenza giurando eterna ubbidienza alla sua carnefice.

Al trentesimo colpo fu finita, la cinghia cadde lungo il fianco della barista e Chiara rimase immobile troppo sconvolta per potersi alzare. Il culetto che aveva raccolto tanti complimenti era ormai ridotto a una forma violacea, mentre la proprietaria ancora balbettava scuse incomprensibili.

Era esausta, ma soddisfatta. Erano anni che non puniva qualcuno in modo così duro e entrambe le braccia le dolevano per lo sforzo. Lo spettacolo che le si offriva davanti era però affascinante, sul fondo del locale le prime due ragazze erano immobili con le braccia sopra le rispettive teste e i bei culetti completamente esposti. La più terribile delle tre si era appena alzata dal tavolo e le dava le spalle in attesa, sul fondo schiena le diverse sfumature di rosso/viola disegnavano morbie geometrie evidenziando i punti in cui la cinta aveva morso più duramente.

“Bene ragazze, credo abbiate imparato la lezione…nello sgabuzzino troverete stracci e scope…visto che lavorerete qui è meglio che facciate subito la loro conoscenza…”

Sedendosi ad uno dei tavoli si godette quindi una buona birra ghiacciata mentre le sue nuove cameriere ridavano un aspetto decente al locale. Peccato solo che non potessero sempre lavorare in quel modo, quei tre culetti arrossati erano una gioia per gli occhi.

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